Dott.ssa Laura Cavallo

Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale e Terapeuta E.M.D.R.
“Non puoi tornare indietro e cambiare l'inizio, ma puoi partire da dove sei e cambiare il finale”.
- C. S. Lewis
“Gli uomini non sono turbati dalle cose, ma dalle opinioni che essi hanno delle cose”.
- Epitteto
“Poco importa sapere dove l’altro sbaglia, perché lì non possiamo fare molto. È interessante sapere dove sbagliamo noi stessi, perché li si può fare qualcosa”.
- C. G. Jung
"È impossibile! Solo se pensi che lo sia”
- Il Cappelaio Matto

“Non puoi tornare indietro e cambiare l'inizio, ma puoi partire da dove sei e cambiare il finale”. - C. S. Lewis  “Gli uomini non sono turbati dalle cose, ma dalle opinioni che essi hanno delle cose”. - Epitteto “Poco importa sapere dove l’altro sbaglia, perché lì non possiamo fare molto. 
 È  interessante sapere dove sbagliamo noi stessi, perché li si può fare qualcosa” - C. G. Jung
"È  impossibile! Solo se pensi che lo sia” - Il Cappelaio Matto

Chi Sono

Sono una psicologa psicoterapeuta cognitivo-comportamentale. Mi occupo di psicoterapia individuale, di coppia e familiare, problematiche dell’individuo adulto, dell’adolescente, del bambino e della coppia genitoriale. Ho un’esperienza professionale decennale, sia nel contesto pubblico, come  psicologo e consulente scolastico, che nel privato con adulti, adolescenti, bambini, coppie e famiglie. Sono iscritta all’Albo degli Psicologi della Regione Siciliana con il n. 2880 e sono socio ordinario AIAMC (Associazione Italiana di analisi e modificazione del comportamento e Terapia Comportamentale e Cognitiva).

presentazione laura cavallo

I Miei Traguardi

obiettivo 2008

Socio AIAMC

Associazione Italiana di analisi e modificazione del comportamento e Terapia Comportamentale e Cognitiva.

obiettivo 2008

Presidente della Cooperativa Sociale “Dafne” o.n.l.u.s

ente del terzo settore che opera nella progettazione, realizzazione e gestione di servizi a supporto del sistema educativo e della promozione del benessere a scuola.

obiettivo 2018

Consulente psicologico

Consulente psicologo presso la Scuola Primaria di nuova generazione “Next School” di Ragusa.

obiettivo 2019

Componente Team Psicologi Ragusa

Componente del team di psicologi selezionati dal comune di Ragusa per la realizzazione di progetti socio-educativi nelle scuole.

obiettivo 2020

Consigliere di Confcooperative Sicilia

Consigliere di Confcooperative Sicilia sede territoriale Ragusa, che promuove e incentiva le opportunità in ambito sociale per la tutela del bene comune e la salvaguardia dei diritti negati;

Aree Di Intervento

Il mio approccio è definibile come tailored psychoterapy: ogni percorso psicoterapeutico viene sartorialmente definito sulla base dell’unicità della persona, della sua storia e dei suoi obiettivi.

laura cavallo psicoterapeuta

Disturbi dell'Infanzia

L’infanzia e l’adolescenza sono periodi evolutivi complessi caratterizzati da uno straordinario sviluppo fisico e psicologico. La situazione di evoluzione, però, se da un lato comporta la maturazione di notevoli risorse e potenzialità, dall’altro espone una struttura psicologica che sta maturando ai più svariati rischi ambientali.

Terapia di Coppia

Gli assunti della terapia cognitiva di coppia, si basano sul concetto che ogni individuo ha uno schema familiare, formatosi dalle interazioni con le figure di attaccamento nell’infanzia, che funge da modello previsionale e interpretazionale delle relazioni future e quindi del modo in cui un individuo interpreta il suo ruolo all’interno del rapporto di coppia.

Disturbi dell'Umore

La terapia cognitivo-comportamentale è la terapia elettiva per i disturbi depressivi e si basa sulla riattivazione delle attività comportamentali vere e proprie della persona che, durante il periodo di depressione, si disattiva, inibendo comportamenti, ritirandosi socialmente,

chiudendosi in sé stessa non compiendo più le azioni di prima e non svolgendo le attività piacevoli e utili che svolgeva prima a causa dell’anedonia e dell’apatia

Disturbi d'Ansia

La terapia cognitivo-comportamentale è un trattamento psicologico di provata efficacia soprattutto per alcuni disturbi emotivi: ansia (e i suoi vari sottotipi: disturbi di panico, fobia sociale, ansia generalizzata, disturbo ossessivo compulsivo, disturbo post-traumatico da stress) e depressione.

Disfunzioni Sessuali

Quando si parla di problemi sessuali si tende subito a pensare a problemi maschili come impotenza o eiaculazione precoce. In realtà i problemi sessuali riguardano un’ampia area di problemi della sfera sessuale e coinvolgono entrambi i sessi.

Sostegno alla Genitorialità

Fin dalla prima infanzia la famiglia, il bambino, e in particolare le modalità con cui il genitore si prende cura del proprio figlio sul piano affettivo, cognitivo e relazionale, hanno un ruolo centrale nel promuovere o viceversa ostacolare lo sviluppo di caratteristiche comportamentali, emotive e cognitive.

Perché scegliere la terapia cognitivo comportamentale (CBT)

1. La terapia cognitivo comportamentale è scientificamente fondata

L’intervento clinico è strettamente coerente con le conoscenze sulle strutture e sui processi mentali desunte dalla ricerca psicologica di base. Inoltre, è stato dimostrato attraverso studi controllati che i metodi cognitivo-comportamentali costituiscono una terapia efficace. La CBT, infatti, ha mostrato risultati superiori o almeno uguali agli psicofarmaci nel trattamento della depressione e dei disturbi d’ansia, ma assai più utile nel prevenire le ricadute.

2. La terapia cognitivo comportamentale è orientata allo scopo

Il terapeuta cognitivo-comportamentale lavora insieme al paziente per stabilire gli obiettivi della terapia, formulando una diagnosi e concordando con il paziente stesso un piano di trattamento che si adatti alle sue esigenze, durante i primissimi incontri. Si preoccupa poi di verificare periodicamente i progressi in modo da controllare se gli scopi sono stati raggiunti.

3. La terapia cognitivo comportamentale è pratica e concreta

Lo scopo della terapia si basa sulla risoluzione dei problemi psicologici concreti. Alcune tipiche finalità includono la riduzione dei sintomi depressivi, l’eliminazione degli attacchi di panico e dell’eventuale concomitante agorafobia, la riduzione o l’eliminazione dei rituali compulsivi o dei comportamenti alimentari patologici, la promozione delle relazioni con gli altri, la diminuzione dell’isolamento sociale, e così via.

4. La terapia cognitivo comportamentale è collaborativa

Paziente e terapeuta lavorano insieme per capire e sviluppare strategie che possano indirizzare il soggetto alla risoluzione dei propri problemi. La CBT è, infatti, una psicoterapia sostanzialmente basata sulla collaborazione tra paziente e terapeuta. Entrambi sono attivamente coinvolti nell’identificazione e nella messa in discussione delle specifiche modalità di pensiero che possono essere causa dei problemi emotivi e comportamentali che attanagliano il paziente.

5. La terapia cognitivo comportamentale è a breve termine

La CBT è a breve termine, ogniqualvolta sia possibile. La durata della terapia varia di solito dai quattro ai dodici mesi, a seconda del caso, con cadenza settimanale il più delle volte. Problemi psicologici più gravi, che richiedano un periodo di cura più prolungato, traggono comunque vantaggio dall’uso integrato della terapia cognitiva, degli psicofarmaci e di altre forme di trattamento.

La combinazione di due forme di terapia: comportamentale e cognitiva

1. La psicoterapia comportamentale

Aiuta a modificare la relazione fra le situazioni che creano difficoltà e le abituali reazioni emotive e comportamentali che la persona mette in atto in tali circostanze, mediante l’apprendimento di nuove modalità di risposta, l’esposizione graduale alle situazioni temute e il fronteggiamento attivo degli stati di disagio.

2. La psicoterapia cognitiva

Aiuta ad individuare i pensieri ricorrenti, gli schemi fissi di ragionamento e di interpretazione della realtà che sono concomitanti alle forti, e persistenti emozioni problematiche vissute dal paziente. Coadiuva nella correzione, nell’arricchimento, integrandoli con altri pensieri più realistici, o, comunque, più funzionali al proprio benessere. Il cambiamento dei contenuti e dei processi cognitivi problematici (convinzioni, valutazioni, aspettative, emozioni, distorsioni cognitive, ecc.) nella terapia cognitivo comportamentale, non viene perseguito soltanto mediante la discussione e la riformulazione delle convinzioni disfunzionali dei pazienti, bensì mediante numerosi e variegati metodi d’intervento, diretti non solo agli aspetti cognitivi del funzionamento dell’individuo, ma anche a quelli specificamente emotivi e comportamentali. La terapia cognitivo-comportamentale (CBT) si propone, di conseguenza, di aiutare i pazienti ad individuare i pensieri ricorrenti e gli schemi disfunzionali di ragionamento e d’interpretazione della realtà, al fine di sostituirli e/o integrarli con convinzioni più funzionali. La CBT ha assunto il ruolo di trattamento d’elezione per i disturbi d’ansia, così come attestano recenti documenti diffusi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS).

La Tecnica E.M.D.R.: cos’è e come funziona.

L’EMDR – acronimo di Eye Movement Desensitization and Reprocessing – o desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari, è una tecnica usata per trattare gli eventi traumatici e stressanti. Si focalizza sulla rievocazione di uno o più eventi che hanno lasciato un trauma nella persona, nell’ambiente sicuro e controllato della seduta.
Questa tecnica prevede una parte di dialogo, e una parte pratica in cui c’è una “stimolazione bilaterale”: si utilizzano principalmente i movimenti oculari per sollecitare sia la parte destra che la parte sinistra del cervello, per “sbloccare” i ricordi e permettere di rielaborarli.
L’EMDR viene impiegato per trattare:

  • Traumi derivanti da un incidente stradale o da gravi incidenti di altra natura (lavorativi, ecc.);
  • Traumi in seguito ad abusi di varia natura;
  • Traumi che seguono disastri naturali;
  • Traumi che stanno alla base dell’insorgenza di disturbi alimentari;
  • Lutti e perdita di persone care;
  • Umiliazione subita da bambini e/o nell’età adulta;
  • Traumi infantili di varia natura.

L’EMDR viene anche largamente impiegato nel trattamento del disturbo post-traumatico da stress (DPTS) che può insorgere negli individui che hanno dovuto vivere i sopra menzionati traumi. 
L’approccio terapeutico dell’EMDR è stato altresì proposto per il trattamento di altri disturbi, quali: depressione, ansia, disturbi del sonno, disturbi della personalità, disturbi di panico e fobie.

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Disturbi dell'infanzia e dell'adolescenza

L’infanzia e l’adolescenza sono periodi evolutivi complessi caratterizzati da uno straordinario sviluppo fisico e psicologico. La situazione di evoluzione, però, se da un lato comporta la maturazione di notevoli risorse e potenzialità, dall’altro espone una struttura psicologica che sta maturando ai più svariati rischi ambientali. È possibile che il bambino/adolescente sviluppi veri e propri disturbi psicologici, disturbi del comportamento o atteggiamenti e modalità di relazione con genitori, insegnanti o coetanei differenti rispetto a quelli che ci si può aspettare da bambini o adolescenti della stessa età. In questi casi, oltre a gestire clinicamente i sintomi, è necessario individuare le cause del disagio e attivare tutti i fattori protettivi ambientali (scuola, famiglia, gruppo dei pari) per aiutare il bambino o l’adolescente a superare la crisi.

La psicoterapia cognitivo comportamentale in età evolutiva è un tipo di psicoterapia che si basa su un metodo di studio clinico e scientifico ed è considerata il trattamento di elezione per molti disturbi psicologici dei bambini e degli adolescenti, come ansia, depressione, disturbo da stress post-traumatico, problemi comportamentali, difficoltà scolastiche e abuso di sostanze, con risultati talvolta migliori del trattamento farmacologico.

Di solito la terapia cognitivo comportamentale per bambini e adolescenti è un trattamento a breve termine incentrato sull’insegnamento di capacità specifiche ai giovani e/o ai loro genitori. La psicoterapia cognitivo comportamentale differisce dagli altri approcci terapeutici, concentrandosi sui modi in cui i pensieri, le emozioni e i comportamenti di un bambino o di un adolescente sono interconnessi e su come si influenzano reciprocamente. 

Nello specifico, dopo un primo incontro con i genitori, per la raccolta della storia di vita del minore e la definizione del problema, vengono proposti alcuni colloqui, a cadenza settimanale, finalizzati alla diagnosi e alla valutazione del problema. Successivamente si discute insieme ai genitori del percorso terapeutico più idoneo (psicoeducazione e/o psicoterapia). Come evidenziato sopra, il modello si propone di prendere in carico non solo il bambino/adolescente individualmente, ma anche tutti gli ambiti di vita di cui fa parte e nei quali mostra difficoltà. A questo proposito, si articola quindi un percorso rivolto anche ai genitori e agli insegnanti.

La presa in carico del bambino/adolescente e della famiglia non può tralasciare un ambito di vita così importante come la scuola, luogo protagonista dell’educazione ma anche della socializzazione e della maturazione cognitiva ed emotiva della persona. L’intervento è mirato a offrire al personale docente un valido aiuto nella gestione di situazioni di difficoltà. Questi interventi hanno come finalità fornire al docente un bagaglio di informazioni e di conoscenze essenziali per orientarsi nel campo delle difficoltà emotive e sociali e delle criticità che possono insorgere nell’età evolutiva, ma anche per riconoscere e gestire, all’interno del gruppo classe, problemi più specifici come difficoltà di attenzione/impulsività, difficoltà legate ad ansia e depressione, bullismo e aggressività, difficoltà di lettura, scrittura e calcolo. La scuola verrà a maggior ragione coinvolta nel percorso sia nella fase di valutazione che in quella di intervento (questionari per gli insegnanti, osservazioni in classe), nel caso di PDP (piano didattico personalizzato), in caso di BES (bisogni educativi speciali) o PEI (piano educativo individualizzato) e quando sia necessaria la figura dell’insegnante di sostegno.

Terapia di coppia

Gli assunti della terapia cognitiva di coppia, descritti da Beck (1988) e sviluppati da altri autori come Dattilo (2013), si basano sul concetto che ogni individuo ha uno schema familiare, formatosi dalle interazioni con le figure di attaccamento nell’infanzia, che funge da modello previsionale e interpretazionale delle relazioni future e quindi del modo in cui un individuo interpreta il suo ruolo all’interno del rapporto di coppia.

Il piano di trattamento concentra l’attenzione sul modo in cui i partner, vicendevolmente si percepiscono, si percepiscono male o non riescono a percepirsi, e sul modo in cui comunicano, comunicano male o non riescono a comunicare (Beck 1990). 

Nella terapia di coppia, è fondamentale affrontare i pensieri caratteristici di ciascun partner. Gli individui, cosi come sviluppano i propri schemi di base su sé stessi, sul mondo e sul futuro, elaborano anche schemi sulle caratteristiche delle relazioni strette in generale e sulle proprie. Gli schemi sono spesso al centro dei conflitti di coppia, alcuni di essi si originano dalle esperienze vissute nell’attuale relazione, altri da quelle avute in relazioni precedenti. Gli schemi possono anche essere originati da esperienze vissute all’interno della propria famiglia di origine oppure possono poggiarsi su una base culturale profondamente radicata.

Ad esempio, un uomo può avere la credenza che sua moglie tenda a piangere facilmente durante le discussioni e, quindi, può aspettarsi che lo faccia ogni volta che discuteranno animatamente. Tale aspettativa è in linea con i suoi schemi radicati e generalizzati sulle caratteristiche delle donne e sulle emozioni in generale, i quali, a loro volta, si basano sulle sue precedenti relazioni sentimentali o su ciò che egli, nel corso della sua vita, ha appreso sul genere femminile (Dattilo 2013).

Nella terapia di coppia entrambi i partner spesso si trovano a dover prendere le distanze dai propri schemi e dalle proprie credenze con l’obiettivo di riuscire a vedere e a considerare, in maniera più appropriata, i bisogni dell’altro. In questo modo si realizza l’opportunità di abbattere quelle credenze rigide che contribuiscono a generare e a mantenere il conflitto attraverso la messa in discussione di alcuni comportamenti, che consentono di sperimentare nuove interazioni caratterizzate da un approccio più flessibile al soddisfacimento dei reciproci bisogni.

In conclusione A. Beck (1990) sintetizza in questo modo l’approccio della terapia cognitivo comportamentale della coppia:

“…Le coppie possono superare le loro difficoltà se riconoscono anzitutto che la delusione, la frustrazione e la rabbia da cui sono afflitte sono in gran parte dovute non tanto a un’incompatibilità di fondo quanto piuttosto alle incresciose incomprensioni causate dalle comunicazioni sbagliate e alle interpretazioni prevenute del comportamento reciproco… spesso le azioni del partner che attribuiamo a qualche tratto malevolo, come l’egoismo, l’odio o il bisogno di tenerci sotto controllo, sono spiegate più correttamente se consideriamo le sue motivazioni benevole (benchè mal dirette), quali l’autoprotezione o i tentativi di non essere abbandonato…”

Disturbi dell'umore

La depressione colpisce nel mondo 5 persone su 100 (circa 322 milioni di persone); ha un’incidenza maggiore nella popolazione femminile (3 su 4 pazienti, circa il 75%) in un’età compresa tra 55 e 74 anni (dati OMS), e colpirebbe più frequentemente l’occidente e la regione sud-est asiatica.

In Italia, l’incidenza del disturbo sarebbe di 2,8 milioni di persone (circa il 5-6% della popolazione) calcolato dall’Istituto Nazionale di Statistica. Il Sole 24 ore nel 2018 ha stimato che nel 2030 la depressione possa rappresentare la maggior causa di disabilità nel mondo.

Come riporta il sito dell’APA division 12, e del NIMH (National Institute of Mental Health), i trattamenti che hanno ricevuto una classificazione con forti evidenze empiriche dalla ricerca scientifica sono: l’attivazione comportamentale, la terapia cognitiva, la terapia cognitivo-comportamentale, la terapia interpersonale e la terapia basata sul problem-solving.

La terapia cognitivo-comportamentale è la terapia elettiva per i disturbi depressivi e si basa sulla riattivazione delle attività comportamentali vere e proprie della persona che, durante il periodo di depressione, si disattiva, inibendo comportamenti, ritirandosi socialmente, chiudendosi in sé stessa non compiendo più le azioni di prima e non svolgendo le attività piacevoli e utili che svolgeva prima a causa dell’anedonia e dell’apatia (Lewinsohn, Schaffer, 1971; Ferster, 1973).

Si basa sul principio del rinforzo (Skinner, 1953). La persona depressa smettendo di svolgere le attività smette anche di auto-rinforzarsi e quindi di provare piacere nel fare le attività. Non raccogliendo nessun rinforzo, la persona non é motivata a portare avanti la propria vita perché non riesce a trarre piacere e a vederne il senso.

L’attivazione comportamentale quindi mira a pianificare nel corso della settimana delle attività valutate utili e piacevoli dal soggetto che possono portarlo a provare un senso di padroneggiamento dell’attività stessa e quindi ad incrementare l’autostima. Queste due componenti, molto importanti, rinforzano la persona spingendola a ricompiere la stessa attività.

Tale psicoterapia (Beck et al., 1979) integra la parte comportamentale di attivazione e ha come obiettivo quello di aiutare il soggetto ad avere una modalità di pensiero più funzionale e adattiva.
L’obiettivo della terapia cognitiva è ristrutturare i pensieri su di sé, sul mondo e sul futuro (ibidem) che risultano fortemente influenzate dalle proprie credenze circa il fallimento e la mancanza di risorse interne per fronteggiare le situazioni stressanti. È di fondamentale importanza che la persona cambi il suo stile attribuzionale, cioè il modo che la persona ha di stabilire la causalità di un avvenimento.

Molto importante per la terapia cognitiva è far prendere consapevolezza al paziente del suo dialogo interno depressivo (pensieri automatici negativi). La tipologia dei pensieri automatici rileva come la persona attiva le sue distorsioni cognitive (Beck, 1976) come la generalizzazione, il pensiero dicotomico (bianco o nero, tutto-o-nella), l’idealizzazione e la svalutazione, ma anche tante altre. Tali distorsioni cognitive derivano dalle credenze di base del paziente, altrove definite schemi, formatesi lungo tutta la storia della persona.

La ricerca scientifica riporta come l’unione di queste due forme di psicoterapia sia capace di prevenire in maniera forte le possibili ricadute depressive in futuro.

Disturbi d'ansia

La terapia cognitivo-comportamentale è un trattamento psicologico di provata efficacia soprattutto per alcuni disturbi emotivi: ansia (e i suoi vari sottotipi: disturbi di panico, fobia sociale, ansia generalizzata, disturbo ossessivo compulsivo, disturbo post-traumatico da stress) e depressione. Quando si dice che la terapia cognitivo-comportamentale è efficace si intende che essa è stata testata in studi scientifici controllati dotati della stessa rigorosità di quelli effettuati per le terapie farmacologiche.

La terapia cognitivo-comportamentale agisce sui pensieri più immediati e automatici che precedono di un attimo e accompagnano le nostre sofferenze emotive. Secondo la teoria della terapia cognitivo-comportamentale, il malessere psicologico dipende spesso da ciò che pensiamo. Si tratta di idee che balenano per un attimo nella nostra mente chiamate “pensieri automatici” e che poi ci rimangono dentro. 

La terapia cognitivo-comportamentale sostiene che non siamo condannati a credere ai nostri pensieri. A questi pensieri automatici, anche se non inconsci, siamo così abituati che ne siamo diventati inconsapevoli. E in questo modo abbiamo dimenticato che sono solo pensieri. Li consideriamo fatti, oggetti, cose che non possono essere modificate e che sono di per sé vere, solo perché da sole ci vengono in mente e perché così siamo abituati. E infatti sono abitudini, abitudini mentali che sono diventate il nostro carattere. Ma non è così. Possiamo ripensare a fondo questi pensieri e cambiarli. E dopo averli cambiati cambieranno le nostre emozioni, anche quelle più dolorose: l’ansia e la depressione. Così funziona la terapia cognitivo-comportamentale.

La mia proposta terapeutica è preceduta da un rigoroso accertamento effettuato attraverso strumenti diagnostici (interviste strutturate e questionari) che permette di inquadrare il problema emotivo in una diagnosi e di impostare il trattamento secondo un’ottica personalizzata. La terapia cognitivo-comportamentale è stata descritta per la prima volta Albert Ellis (1962) e Aaron T. Beck (1964). Essa si articola in protocolli di terapia: procedure dettagliate e formalizzate di psicoterapia per disturbi specifici, da applicare come se si trattasse di farmaci.

Disfunzioni Sessuali

Quando si parla di problemi sessuali si tende subito a pensare a problemi maschili come impotenza o eiaculazione precoce. In realtà i problemi sessuali riguardano un’ampia area di problemi della sfera sessuale e coinvolgono entrambi i sessi.

Una Disfunzione Sessuale è caratterizzata da un’anomalia nel processo che sottende il ciclo di risposta sessuale oppure da dolore associato al rapporto sessuale.

La sfera sessuale, come ormai è ben noto, è una delle prime ad essere influenzata da fattori psicologici o emotivi: pertanto può accadere che, in periodi particolarmente difficili, stressanti o durante crisi di coppia, essa ne risenta, provocando disfunzioni sessuali come quelle sopra elencate.

Quando si vive un rapporto sessuale come un “evento problematico”, questo può portare a provare emozioni negative come ansia, disgusto, vergogna, sensi di colpa etc. e queste hanno il potere di ostacolare il rapporto sessuale. Un’ulteriore causa dei disturbi sessuali possono essere i pensieri e le credenze che una persona ha riguardo al sesso. si viene condizionati da ciò che si pensa si possa fare oppure non fare in ambito sessuale; dall’importanza che si attribuisce alla durata della prestazione e alla dimensione degli organi sessuali o sul ruolo che ideologicamente si assegna alla donna o all’uomo, dai pregiudizi di tipo religioso, morale, ecc. Tali convinzioni hanno il potere di modificare la risposta sessuale, determinando l’insorgenza del disturbo.

Rispetto al trattamento si evidenziano ottimi risultati nell’applicazione delle tecniche di terapia cognitivo-comportamentale ad ogni specifico disturbo, combinate con una ristrutturazione cognitiva dei pensieri disfunzionali legati al sesso. Tali tecniche consistono in esercizi volti ad ottenere un ri-addestramento graduale alle abilità compromesse.

Sostegno alla genitorialità

Fin dalla prima infanzia la famiglia, vista come ambiente di socializzazione primaria del bambino, e in particolare le modalità con cui il genitore si prende cura del proprio figlio sul piano affettivo, cognitivo e relazionale, hanno un ruolo centrale nel promuovere o viceversa ostacolare lo sviluppo di caratteristiche comportamentali, emotive e cognitive.

Eventuali condizioni di disagio o condizioni a rischio possono essere migliorate o comunque modulate se è presente un supporto delle risorse educative e affettive dei genitori, nonché un aiuto a focalizzare i propri obiettivi educativi e scegliere le strategie educative adeguate.

All’interno di questi presupposti operano i vari percorsi di parent training.

Il parent training è una forma di intervento che consiste in un programma specifico condotto da un esperto con la finalità di migliorare le abilità del genitore in relazione a specifiche problematiche del figlio, di ridurre lo stress familiare e incrementare le capacità di risoluzione dei problemi all’interno della famiglia stessa.

Gli interventi di supporto alla genitorialità si pongono come obiettivo quello di promuovere comportamenti positivi e adeguati all’interno del quale il bambino possa esplorare e sperimentare, uscendo da eventuali spirali relazionali coercitive o eccessivamente permissive.

Obiettivo di questi percorsi è quello di diminuire gli aspetti disfunzionali dei genitori che favoriscono in qualche modo i comportamenti “patologici” dei bambini, sostituendoli con strategie più efficaci che portano con il tempo alla diminuzione dei comportamenti problematici: ciò è possibile attraverso il riconoscimento dei punti di forza del bambino e il miglioramento della comunicazione in famiglia e, più in particolare, grazie all’apprendimento di “buone pratiche educative” da parte dei genitori, al miglioramento della capacità di interpretare correttamente il comportamento del figlio.